La città di Arezzo si estende attorno ad un declivio collinare, circondato da una pianura; il suo sviluppo è stato agevolato dalla posizione che storicamente ha sempre incrociato le principali strade, favorendo così un ruolo primario negli scambi commerciali.
La risorsa economica più prestigiosa è la lavorazione dei metalli preziosi: nell’aprile di ogni anno ha sede, presso il Centro Affari e Convegni, Oro Arezzo, importantissima mostra internazionale e fiera campionaria di oreficeria, argenteria, gioielleria, pietre e coralli.
Arezzo, l’antica Arretium, conservava in una necropoli sul Poggio del Sole testimonianze etrusche che sono databili alla fine del VI secolo a.C.: vasi, ceramiche (Museo Archeologico di Arezzo) ed i due bronzi della Chimera e della Minerva (oggi al Museo Archeologico di Firenze).
Nel periodo romano, il ministro e consigliere di Augusto, Gaio Cilnio Mecenate, diede la spinta per un sensibile progresso artistico ed economico della zona.
In seguito, intorno al Mille, si costituì il libero Comune di Arezzo, i confini della cui egemonia coincidono con buona approssimazione a quelli dell’attuale provincia. Tra le più antiche della nostra penisola l’Università della città contribuì, assieme all’impulso dato dalla poesia di Guittone d’Arezzo e di Francesco Petrarca che ivi nacque nel 1304 d.C., alla crescita culturale del Comune.
Nel 1289 d.C. con la sconfitta dei ghibellini di Arezzo a Campaldino, un vasto numero di terre dovettero essere cedute a Firenze e Siena. Il potere vescovile detenuto da Guido Tarlati (dal 1312 d.C.) ridonò nuova luce e floridezza, che fu tuttavia interrotto da una profonda crisi politica (1327 – 1384), che sfociò due volte nella perdita dell’autonomia e nell’assoggettamento al governo di Firenze.
A Piero della Francesca nel 1453 d.C. fu commissionato il ciclo degli affreschi del coro della chiesa di San Francesco noto come il ciclo della Leggenda della Vera Croce. Coeva fu l’opera di artisti come l’umanista Leonardo Bruni, che scrisse la celebre Historia Fiorentina o il poeta Pietro Aretino.
Il secolo XVI è segnato dalla figura dell’eclettico Giorgio Vasari, storico dell’arte (“Le vite dei più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani”), architetto (Palazzo delle Logge in piazza Grande), pittore e figura di riferimento nella vita artistica toscana tant’é che Guglielmo da Marcillat, il francese che abbellì il Duomo e la chiesa della SS. Annunziata, e Bartolomeo Ammannati, chiesa di Santa Maria in Gradi, furono fatti venire ad Arezzo dal Vasari stesso.
In quel periodo il granduca Cosimo de’ Medici ordinò la demolizione del palazzo del Comune e del Duomo vecchio, per risistemare e meglio provvedere alla difesa dell’impianto urbano (1560 circa): furono rifatte l’antica Fortezza ed edificata una nuova cinta di mura bastionate, che raggiunsero la lunghezza di 4,2 km.
In quegli anni furono costruite, nella parte superiore della città, opulente dimore aristocratiche (i palazzi Fossombroni, Guillichini e Barbolani di Montauto) e il Palazzo delle Logge del Vasari, dalla solenne struttura che si erge in piazza Grande.
I secoli XVII e XVIII non conobbero i fasti artistico culturali, ma anche economici, delle precedenti epoche. Soltanto nel XIX Arezzo vede l’affermarsi di un pittore nato all’interno delle sue mura: il neo classicista Pietro Benvenuti.
Dopo l’unificazione d’Italia la città ebbe una rinnovata spinta economica, in specie della classe imprenditoriale, che si concretizzò nella nascita di grandi industrie manifatturiere e delle maggiori banche della zona. L’espansione demografica e conseguentemente urbanistica, costituirono le premessa alla creazione di infrastrutture, mirate alla conservazione ed alla miglior fruizione del meraviglioso centro storico.
Dal 1931 viene nuovamente organizzata la rievocazione cavalleresco – medioevale della Giostra del Saracino che si tiene ogni anno la seconda domenica di giugno e la prima domenica di settembre.